Presente

Un guanto, gli alieni

Tranquillizzo tutti, questa non è una storia vera. Non può esserlo per tante ragioni, la più importante delle quali è che se questa storia fosse reale, significherebbe che io non sto sognando. E non posso pensarlo.

Non parliamo di me, dunque. In fin dei conti l’unica grammatica che conosco è quella che ho imparato guardando i grandi discorsi dei piccoli politici e le uniche parole che utilizzo sono quelle che ho ascoltato nelle piazzette alberate abitate dagli anziani. Parole stiracchiate, coperte d’ombra e solitudine, parasole e parapioggia.

Questo piccolo racconto fantastico ha inizio con un uomo che cade dal cielo, seguito da altre ombre di uomini, donne e bambini che lo seguono non distanti. Una caduta a reti unificate, ti presa da centinaia di telecamere e divenuta puro intrattenimento. Il dolore del parto, la caduta di un meteorite, un infarto, tutto può diventare fiction, tutto può essere raccontato in modo tale da essere venduto. Senza che ci si fermi per un istante a ragionare, a capire cosa stia succedendo davvero.

In questo scompiglio, un guanto

Facciamo un passo indietro, o un braccio, o anche solo un dito. Come volete voi, come vi viene meglio toccare il passato, toccatelo, tenetelo stretto, indicatelo perfino. Perché vi aiuterà a farvi largo nel futuro. Vediamo come.

Inverno

Il freddo ha una stagione particolare in cui decide, per volontà di un astro lontano e di una sfera inclinata, di sferzare le strade. Durante questa sferzante stagione, metà degli umani di una città sta in casa a tossire al freddo, mentre la metà più forte si fa forza giù per le scale, nelle macchine, sui marciapiedi.

Sulle scale, nelle automobili, sui camminamenti, tutti scivolano. Alcuni però lo fanno in un modo differente, scivolando in un sonno infreddolito, barbuto, che chiude gli occhi senza lasciarli aprire più. Sotto le scale giace un numero, più o meno costante, di esseri umani senza futuro. Scelte sbagliate? Forse. Vita sregolata? Anche, perché no. Eppure, vederli sparire, grigi, sotto una coperta di cartone fa sempre male. Per quel motivo il Capo Popolo ha istituito le Ronde dell’allegria. Gruppi di cittadini che si riuniscono per abbellire i corpi assiderati nelle strade.

Zero e meno zero

Cosa aspettarsi di diverso? I mondi che hanno imparato a separare per primi alcuni grani dagli altri, quelli che funzionano davvero, hanno bisogno di qualche zero da aggiungere alla somma. Serve una media e gli zeri sono importanti, quasi quanto la media stessa. Meglio poi se questi zeri sono colorati, festosi.

Dunque, nel bel mezzo di un gelido inverno, il sole infine fece capolino. Era una luce che non riscaldava, ma rifletteva i suoi raggi sulle finestre chiuse, sui marciapiedi e sui sottoscala colorati. L’aria del mattino era limpida, attraversata da cappotti scuri e sguardi assonnati.

Comunque, si diceva, un guanto

Un guanto perduto
Un guanto perduto.

Una donna, prima di tutto, che esce di fretta dal suo quadrato chiamato casa e si infila tra porte e porticine, chiavi e chiavistelli nel mondo esterno. Nella tasca del cappotto, due accessori scalda- mani. Uno di questi, per ragioni non del tutto chiare, decide di protestare e di lanciarsi da qualche parte nel tragitto. Fuori dalle tasche, nel mondo.

Quando la femmina di umano si accorge del guanto mancante, è ormai troppo tardi. No, meglio rischiare di perdere un arto, che arrivare tardi al cubicolo. Dopo pochi passi nel pianeta gelato, però, si accorge che la mano lentamente cambia di aspetto, di colore perfino. Bluastra, grigiastra? Non più rosa, come era sempre stata, questo è certo. Dopo una ricerca frettolosa e freddolosa nella borsa, eccola trovare una banconota. Un pezzo di carta che verrà bruciato per una corsa in tassì. Per riscaldarsi tra le comode lamiere di un’automobile bianca.

Il tassista aveva un’aria stramba.

Avrebbe riferito più tardi alle autorità la donna-brucia-banconote.

Mi guardava preoccupato. Ho pensato fosse semplicemente colpa dell’inesperienza.

Il tassista era tutto un gira qua e un gira là, insicuro al volante delle strade di città.

Non parlava, non emetteva il minimo suono, come fosse in apnea. Come…come non fosse neanche umano.

Tutto questo riferì qualche tempo dopo la donna-con-un-guanto-solo, intervistata da un quotidiano locale, “La pancia del Popolo”.

Un’ultima svolta a destra e l’automobile si ferma dolcemente all’ingresso grigio specchiato della Banca Di Fiducia, luogo di lavoro dell’impiegata infreddolita.

Qualche scalino ghiacciato, qualche stretta di mano non- guantata e finalmente il cubicolo.

Fuori dalla finestra, a guastare tutto quel pacifico luogo-non-luogo, un’esplosione. Uno scontro tra mezzi, un incidente, si sarebbe detto.

Bum

Ma no, era qualcosa di ancora più forte, un boato, una deflagrazione in grado di ridurre in minuscole forme geometriche delle dimensioni di un’unghia il grigio-specchio della facciata dell’edificio.

Questa era l’unica informazione in possesso di chi, in strada o negli uffici, guardava le fiamme divampare da un taxi bianco.

Un terrorista, un terrorista!

Si affrettarono a gridare per le strade, per poi ripeterlo più forte nella rete, finché tutti i rettangoli della città- nazione lessero la notizia, a caratteri cubitali.

UN TERRORISTA

Dopo poche ore, il panico era diventato virale. Dal davanzale della Piazza si affacciò con il celebre sorriso rassicurante il Capo Popolo.

Nella strada calò il silenzio più assoluto. Essendo divenuto ormai il silenzio non più una scelta, ma uno stile della stampa locale e nazionale, non fu un grande avvenimento. Quando c’è il terrore, non c’è tanto altro da fare. L’unico rumore che si poteva udire era il ronzio dei grandi elicotteri che perlustravano le nuvole.

Sudditi

E l’eco fece in tempo a passare e tornare indietro tra le orecchie della gente fino alla mascella serrata del Capo.

Il nostro Glorioso Paese è oggi sotto attacco

Il sorriso ancora rassicurante, anche dopo un leggero brusio.

Ma non ci faranno paura! Non ci hanno spaventato i nemici di un tempo, gli africani, gli indiani, i comunisti, gli omosessuali, i Sudisti, gli Islamici. Le nostre mura sono solide!

Un applauso spontaneo partì a quel punto come se fosse stato comandato. Come se una scritta luminosa si fosse accesa sulla facciata dell’edificio, nascosta alle telecamere.

APPLAUSI

Come un programma di varietà.

Fratelli e sorelle, le nostre mura non sono più abbastanza per contenere il nuovo nemico. Il problema cade dal cielo, il futuro ci invade!

Il mormorio ora era un vibrare che sembrava una preghiera uomo- elicottero, oppure un grande gatto che fa le fusa dentro una scatola.

Dal futuro?

Pericolo?

Dall’alto?

Queste furono le frasi più originali degli astanti.

Il Capo riprese, fermando quel brusìo.

Compagni e compagne. Non abbiamo più Nord, Sud, Ovest o Est da cui guardarci. Stavolta il pericolo è più concreto. Iniziamo però con il tranquillizzarci tutti. Non si è trattato di un attentato.

Un sospiro di sollievo si poteva leggere in quelle facce silenziose, che si affidavano speranzose al Capo Popolo.

Si è trattato di un incidente, causato da un clandestino. Da un alieno.

Ora il brusio iniziò a diventare un mormorio isterico, qualche tono più alto.

Facciamo ancora un passo indietro, vi va? Persone intelligenti come voi si staranno chiedendo come sia stato possibile arrivare a tanto. Nell’era della comunicazione, chiudersi dentro le proprie mura non è semplicemente poco sensato, è pericoloso.

Il bottone rosso

Forse non avete tenuto presente quel bottone, rosso, sempre ben lucidato, chiamato paura. È ciò che crea timore per un’invasione, per un’epidemia, il terrore che qualche pazzoide dall’accento duro e dalla fronte sudaticcia ci annienti con una bomba. No, non una di quelle che esplode e fa fuoco e fiamme. Una di quelle bombe speciali, in grado di decidere la sorte di alberi, fiumi e perfino nuvole.

Non immaginatevi un cambiamento drastico, epocale, tragico. Fu una metamorfosi che si generò con la stessa violenza con cui cresce l’erba. Serenamente, con lentezza, fu scelta una classe dirigente sempre più vicina allo stomaco della gente. Così vicina allo stomaco, da essere digerita e vomitata. Un grumo dirigente aveva bisogno comunque di un capo e così nacque una nuova figura. Venne scelto un Capo Popolo. Un buffone, un analfabeta funzionale di successo, sempre sorridente.

Un uomo moderno

Questo genere di uomo moderno, vedete, si trova a suo agio in mezzo alla folla che lo acclama, perché sa soffiare sul fuoco e chiede a tutti di seguirlo mentre bruciano. Va da se che, senza una fiamma, senza un nemico, senza un capro espiatorio insomma, ci si ritrova a soffiare al vento.

Tanti si tramutarono così in metastasi, nemici del popolo. In tanti passarono sotto le lame affilate del buffone, che ora era finito irrimediabilmente senza nuovo comburente. Senza metastasi o foglie morte da tagliare e bruciare.

Ecco dunque perché, questa esplosione, risultava essere una vera manna. Ecco il perché di quel sorriso raggiante.

Lentamente, gli uomini del futuro vennero scovati e arrestati. Qualcuno, fisicamente più attraente degli altri, venne perfino portato come attrazione in uno spettacolo.

Dunque, signor alieno, da dove venite esattamente?

Chiese il conduttore- biondo cenere.

Veniamo dal futuro e stiamo semplicemente scappando. N- non siamo alieni

La risposta balbettata, impaurita, di un uomo di mezza età, spaventato.

E perché non volete più vivere nel vostro futuro?

Voi… voi vi siete mangiati tutto, non c’è rimasto più nulla. Solo guerra e distruzione.

Certo, certo. E come risponde a chi vi dice di tornare al futuro?

Rispondo che siamo i vostri nipoti, i figli dei vostri figli. Non siamo alieni.

Questa è la sua opinione, la ringrazio signor alieno. Arrivederci e buona fortuna.

E un applauso sorridente salutò un uomo in lacrime, per introdurre il nuovo personaggio del momento, un fenomeno in grado di ingoiare dieci panini imbottiti in una volta.

Lentamente, i giornali iniziarono ad intitolare:

Come riconoscere e neutralizzare un essere del futuro

Nuovo Kit anti- straniero

Sempre più spesso, un boato spaventava la popolazione. L’autore? Sempre un uomo del futuro non ben identificato. L’opposizione, da parte sua, cercava di buttare qualche goccia d’acqua sul fuoco:

Non abbiamo nessuna prova che le esplosioni provengano davvero da immigrati del futuro o siano commesse con intenti terroristici. Anche l’esplosione del taxi è ancora sotto inchiesta della magistratura. Nel frattempo è doveroso accogliere queste persone in difficoltà.

La stampa era in agguato. Pronta a chiamarli alieni, sanguisughe. Né bianchi né arabi, né neri né asiatici, forme miste che spaventavano cadendo dall’alto.

Illegali

La prima mossa del Governo fu di dichiararli illegali. Così facendo, si aspettavano di vederli diminuire d’un tratto. Come se bastasse gridare alle nuvole, per fermare la pioggia. Le piogge aliene continuavano. La popolazione inizialmente si attrezzò con cuscini e materassi di ogni sorta per fermare il massacro. Quando le nuove leggi vennero promulgate, la paura di diventare essi stessi statistica fu troppa. Ci vuole poco a diventare un alieno. In breve sparirono i materassi e i cuscini.

Gli alieni, quasi a voler disobbedire le leggi, continuavano a precipitare al suolo. Si formarono presto grandi cumuli di  corpi di alieni del futuro. I più fortunati riuscivano a salvarsi proprio cadendo su un cumulo di cadaveri. I commenti più comuni iniziarono ad essere sempre più freddi, distaccati:

Se la sono cercata

Così imparano ad atterrare

Le leggi ci sono per essere rispettate

La carneficina durava ormai da mesi. Per le strade si notavano uomini e donne coperte di terra e sangue, intenti a brancolare senza una meta. Erano i superstiti.

Qui è quando la nostra storia comincia davvero. O forse termina.

…continua…

Non hai letto la prima parte e ti guardi intorno pensoso? Leggi qui.

Questa storia è un racconto originale scritto da Daniele Frau, cui sono riservati i diritti di riproduzione. I disegni sono ad opera di Gabriele Manca (DMQ productions) e tutti i diritti correlati sono di sua proprietà.

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